il momento precedente allo scatto tecnologico che ipnotizza i protagonisti della foto. Non solo il lavoro di studio che hai realizzato è eccellente, ti ha permesso di approfondire la storia di un popolo sconosciuto ancora per molti, ti ha dato la possibilità di interpretare con criterio adeguato e profondo la vera natura degli armeni, ma anche la tua elaborazione dei dati è di fine genialità, tenendo in conto che il tuo racconto si svolge in pochissimo tempo.
Una fotografia di eccezione per dimensioni e tematica, penso che ti sia risultata ottima per capire al meglio le tipologie antropomorfiche che ti preoccupano e ti stimolano per scavare nella identità umana, tanto meglio l’ambientazione corale che offre l’immagine… in questo caso non si tratta di una mutazione genetica o diversità fisica, ma una identità di gruppo, inteso come etnia, credo e cultura.
La tua giusta moderazione nella segnalazione degli eventi violenti e tragici di un genocidio, attraverso le macchie rosse che lasciano le scritte in scia, parlano di un animo riparatore, che corrisponde alla visione positivista sul futuro di pace tra i popoli. Superare senza dimenticare, dare valore alle fondamenta, guardare le verità indiscutibili e non perdere la caratteristica più genuina che è la propria cultura, le proprie radici. Questo è ampiamente rinforzato dal tuo cenno di brezza che accarezza il prato nascente dopo un inverno gelido, la vita era quasi in letargo. Un prato che rinverdisce è la più bella metafora per un popolo che riacquisisce la speranza di una pace davanti agli ultimi eventi di riavvicinamento ufficiale del mese scorso grazie allo sport (la partita di calcio in Armenia tra turchi e armeni). La delicatezza che hai nel trattare il genocidio armeno concorda con il nostro animo di guardare verso un futuro più dolce e promettente, di crescita e partecipazione nel mondo.
La buona scelta di lasciare in risalto la grafia armena, bella e rara, rinforza senza ripetere il senso di unicità e di tradizione. La tua arte fiorisce nello slaccio del racconto, che è anticipato dalla luce che si avvicina quasi a modo di speranza nell’orizzonte… una “posa infinita”, cioè la foto d’archivio con inverosimile animazione, questa volta oserei dire in versione completa per forma e contenuto. Questo lavoro rappresenta bene il popolo armeno che ha dovuto affrontare persecuzioni, massacri e deportazioni, cancellazione dell’identità, ma che mantiene sempre la volontà di perdurabilità, di sopravvivenza, quasi in forma ciclica, come una ripetizione nel tempo, come un lamento senza sosta.
Questi sono elementi che esponi con chiarezza e che mi sembrano molto fedeli alla realtà. Rinascita, ri-nascita, un nome giusto, per il momento storico che attraversa la nazione armena, eccellentemente supportato dall’animazione che hai realizzato sulla fotografia antica, dove fai risaltare con estro un atteggiamento, un’attitudine e la dignità che si riconosce in queste persone. La presentazione del video in diverse lingue, fa riferimento in modo molto sottile e pacato alla caratteristica di popolo poliglotta che oggi è la diaspora armena dispersa nel mondo. La voce armena di accento straniero, la scritta in armeno imperfetto danno un tono ancora più realistico alle storie che narra il testimone del video. Storie vere che sono i ricordi dell’ultima generazione di superstiti del genocidio armeno.
Il velo in posa sulla fotografia iniziale, richiamando il pudore che caratterizza questo popolo, cosi come la preghiera o i canti che parlano della profonda spiritualità, sono elementi che hai saputo estendere generosamente e senza paura…